Torraccia del Piantavigna produce i suoi vini dalle tre uve storiche dell’area delle Colline Novaresi: il Nebbiolo, la Vespolina e il Vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione.
NEBBIOLO
Il Nebbiolo è il vitigno piemontese per antonomasia. È un’uva alla cui coltivazione è dedicato meno dell’1% dell’intera superficie vitata in Italia. Nonostante la sua scarsa diffusione, dovuta alle difficoltà di coltivazione, alla sua resa bassa e alla scarsa adattabilità a terreni diversi da quelli originali, i vini prodotti con le sue uve sono da sempre i più premiati. Sebbene presente in tutto il Piemonte, ha la sua culla nella zona più a nord della regione dove era largamente diffuso già in epoca risorgimentale.
Una possibile etimologia fa derivare il nome Nebbiolo dalla maturazione molto tardiva delle uve che coincide, appunto, con l’apparire delle prime nebbie autunnali.
La vite è a crescita lenta, infatti è la prima a germogliare e l’ultima a lasciar cadere le foglie. Questa peculiarità la rende più esposta alla variabilità delle condizioni ambientali, ma anche alla luce che favorisce lo sviluppo di caratteristiche più complesse nell’uva. Questa, grazie all’alto contenuto in zuccheri, acidi e polifenoli, risulta particolarmente adatta a vini destinati ad un lungo invecchiamento.
In epoca di vendemmia il grappolo è di taglia media o medio-grande, di forma piramidale e piuttosto compatto. L’acino è medio-piccolo, rotondo o ellissoidale e con una buccia non particolarmente spessa ma consistente.
Torraccia del Piantavigna è una delle due aziende che, per ragioni storiche, può vinificare sia il Ghemme, sia il Gattinara, le due aree D.O.C.G dell’Alto Piemonte, distanti una manciata di chilometri l’una dall’altra e separate dal fiume Sesia.
Benché il Nebbiolo sia più conosciuto per i bacini langaroli di produzione di Barolo e di Barbaresco, le varietà dell’alti piemonte vantano un’eleganza e una finezza universalmente riconosciute.
VESPOLINA
Vino autoctono per eccellenza, la sua origine sembra essere piemontese, per la precisione nella zona di Gattinara, dove viene coltivata da tempi remoti. Il termine vespolina deriva dal fatto di essere particolarmente gradita alle vespe per via della sua dolcezza.
Di grandezza media, il grappolo è compatto, allungato e conico. L’acino ha forme ellissoidali con buccia molto delicata, di colore blu scuro tendente al nero, pruinosa e poco sottile. Matura medio-precocemente verso fine settembre e predilige esposizioni soleggiate su terreni freschi non soggetti a siccità. È un’uva delicata, difficile da vendemmiare, grazie anche alla sua tendenza ad avvizzire.
La Vespolina dà origine a un vino intrigante, ricco di aromi pronunciati di fiori rossi, spezie e frutti di bosco e sapori vinosi che rimandano ai gusti semplici di un tempo e oggi nuovamente riscoperti. I tannini si presentano pronunciati e di media finezza e sono completati dalla più alta concentrazione del Rotundone, il composto principale dell’aroma del pepe nero che è la sua peculiarità più spiccata.
VITIGNO A BACCA BIANCA
Il Vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione è un vitigno antico che ha origine nella zona del Torinese, anche se molti sostengono che abbia radici più lontane legando il nome “Greco”, con cui è conosciuto nel Novarese, al Greco campano, con il quale condivide alcuni tratti genetici. Ad oggi, è maggiormente concentrato nel territorio di Torino, sulla Serra d’Ivrea e sui colli intorno al lago di Viverone, oltre che in quelli di Biella e di Novara dove forma i vini D.O.C. Colline Novaresi come il premiato Erbavoglio di Torraccia del Piantavigna.
Di media grandezza, il grappolo si presenta compatto e allungato mentre l’acino grande e sferoidale ha una buccia pruinosa di colore giallo-verdastro, che diventa dorato al completamento della maturazione. La vendemmia avviene con tempi medio-precoci, nella seconda decade di settembre.
Il Vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione è considerato il “più rosso dei vini bianchi” il “più rosso dei vini bianchi” in quanto presenta caratteristiche gustative di particolare forza e intensità, paragonabili, appunto, ad un vino rosso. I profumi spaziano dai frutti bianchi agli agrumi, completati da sentori erbacei quali la menta e il fieno tagliato di fresco. Questo particolare vitigno nell’Alto Piemonte si presenta particolarmente versatile, tanto da essere adatto sia per la produzione di vini fermi, sia di spumanti metodo classico o passiti.
Purtroppo non possiamo utilizzare il nome del Vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione sull’etichetta, poiché sono stati concessi i diritti esclusivi di utilizzo della varietà all’area di Caluso. L’altro nome per l’uva, Greco, non può essere utilizzato, in quanto è stato attribuito ad altre zone del sud Italia. Ciò nonostante il Vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione è l’unico vitigno bianco permesso per il D.O.C. per i vini delle Colline Novaresi. Ci troviamo quindi nella situazione assurda di non poter nominare il vitigno che siamo obbligati a usare e che è stato piantato nelle nostre valli per centinaia di anni.