Nel 1831 lo storico Bianchini racconta che a Novara e a Milano le famiglie dell’aristocrazia usavano aprire, ogni anno, una bottiglia di Ghemme la sera della vigilia di Natale, per lo scambio degli auguri davanti al camino, dove facevano ardere essenze profumate insieme alla legna (melarosa, ginepro e lauro).

Il Cantinone Bono
Cantina Sociale di Ghemme
Grazie a numerosi vignaioli e produttori nell’Ottocento nacquero importanti cantine vinicole, che vinsero innumerevoli concorsi enologici sia in Italia sia all’estero. Le bottiglie circumnavigarono il globo, inviate a Melbourne in Australia per sperimentare la loro conservazione, altre invece nelle Americhe, e, negli Stati Uniti, dove particolarmente il Ghemme era particolarmente consigliato quale “medicinal corroborant wine”.
Senza dubbio proprio il Ghemme può essere considerato il “vino del Risorgimento”, come lo battezzò Giuseppe Garibaldi di passaggio a Romagnano il 20 maggio 1859. Il 1° giugno 1859 ne furono forniti 60 ettolitri per l’armata francese che, due giorni più tardi, nella epica battaglia di Magenta, contribuì a sfondare il dispositivo militare austiaco ed aprire il varco verso la liberazione di Milano e della Lombardia.

Manifesto del 1859
Già l’anno precedente Cavour apprezzò il dono di vino fattogli dal sindaco di Romagnano «portandone anche con sé qualche bottiglia; ma asserì eziandio in presenza a testimoni all’autorevole donatore che quel vino poteva pareggiare i vini di Francia», come del resto aveva già espresso al senatore Giacomo Giovannetti, :«Or dunque rimane provato che le colline del Novarese possono gareggiare coi colli della Borgogna; e che a trionfare nella lotta è solo necessario proprietari che diligentino la fabbricazione dei vini, e ricchi ed eleganti ghiottoni che ne stabiliscano la riputazione».
Non a caso una stampa dell’epoca celebra l’unificazione della Lombardia al Piemonte con le due maschere tipiche: Meneghino abbraccia Gianduia sotto il tricolore su cui è scritto “Viva l’Italia” e gli dice «Adess Gianduja podaremm andà a bev in sul post el vin de Ghemm» («Adesso Gianduia potremo andare a bere sul posto il vino di Ghemme»).

Alessandro Antonelli
Il celebre architetto ghemmese Alessandro Antonelli (1798-1888) invece contribuì al miglioramento del sistema di allevamento delle viti, modificando la posizione dei pali che sostenevano i tralci.