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Il Novecento

Al termine dell’Ottocento, Antonio Fogazzaro, nel primo capitolo di Piccolo mondo antico, narra di un pranzo prelibato organizzato dalla marchesa Maironi, in cui furono serviti l’immancabile risotto con “trota… tartufi bianchi, francolini e vin di Ghemme”. La fama dei vini novaresi si era ormai diffusa, grazie anche all’opera della “Cattedra ambulante di viticoltura”, nata a Gattinara, che promuoveva le buone prassi in vigna ed in cantina.

Prima della vendemmia

 

Il nuovo secolo si aprì con un volumetto dell’enologo Luigi Nicolini che esaltava le “qualità igieniche” del Ghemme, il quale «rallegra lo spirito, eccita la fantasia, promuove l’appetito», insieme al Gattinara, che «s’allieta dell’ottima compagnia del suo confratello d’oltre Sesia», e con la nascita nel 1910 della prima Cantina sociale di Ghemme, seguita da una seconda, grandiosa e moderna nel 1929.
Al Nicolini faceva eco nel 1930 il poeta Pinet Turlo che nel “Canto delle viticoltrici”, definiva il Ghemme come un «Vin robusto e generoso / come il cuore di nostra gente», ed ancora Mario Soldati, che nel suo racconto L’albergo di Ghemme decantava questo «vino famoso», «eccellente, prim’ordine».

La vendemmia

 

Negli anni Sessanta giunse prima al Gattinara poi ai vini dei Colli Novaresi (Boca, Fara, Ghemme, Sizzano) la desiderata Denominazione di Orgine Controllata (DOC), a suggellare l’impegno ed il lavoro dei viticoltori. Ecco allora don Angelo Stoppa, nel suo Il vino di Ghemme (1971 e 1976), esaltare questo «splendido nettare, degno di onorare ogni mensa, da quella semplice e frugale di un simposio familiare a quella raffinata ed elegante di un banchetto ufficiale», ed augurarsi la rinascita delle colline.
Più vicino a noi, giunse l’agognata Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), nel 1990 al Gattinara e nel 1997 al Ghemme, a sancire definitivamente il percorso di crescita qualitativa che ha caratterizzato le nostre terre e che ha le proprie radici in una storia millenaria.


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