La presenza dell’uomo sulle Colline Novaresi della Sesia è antichissima: nel Paleolitico medio (tra 120.000 e 36.000 mila anni fa) tracce significative sono state rinvenute nelle grotte del Monte Fenera mentre nel VII millennio a.C. i ritrovamenti archeologici documentano gruppi umani stanziali o semistanziali. I primi insediamenti a Ghemme risalgono alla “Cultura del Vaso a bocca quadrata” (IV millennio a.C.) e successivamente si rilevano nei paesi di Fara e Briona.
Se sul Monte Fenera è presente l’unica popolazione di “vitis sylvestris” del Piemonte, una vera rarità botanica, è a Castelletto Ticino che, tra la fine del VII secolo a.C. e gli inizi del VI, sono attestati, nell’ambito della “Cultura di Golasecca”, i primi vinaccioli di vite coltivata.
Nel corso dell’età del Ferro la popolazione di quest’area aveva un’alimentazione fortemente legata ai cereali, povera di carne ma integrata da pesci d’acqua dolce, mentre le bevande consumate erano il vino e la birra.
La coltivazione della vite si ritiene provenga dagli Etruschi, con cui l’area di Golasecca era in stretti legami commerciali, in virtù della sua posizione lungo un percorso fondamentale da e per il Centro ed il Nord Europa.

Vaso a trottola
Le popolazioni celtiche consumavano il vino in tipici contenitori, assai diffusi fra II-I secolo a.C., chiamati “vasi a trottola”, molto simili agli odierni decanter ed ideali per l’ossigenazione di vini molto ricchi di tannino.

Olpe
In epoca romana è attestato il “pagus agaminus” (circoscrizione territoriale) facente capo a Ghemme, dove sono numerosissimi i ritrovamenti archeologici, così come in tutto il territorio. Moltissime le anfore vinarie, i vetri, le “olpi” (vasi a collo cilindrico) e le coppette di ceramica, testimonianza dell’importante coltivazione della vite, citata anche da Plinio nella sua Naturalis Historia (I secolo d.C.). Egli ricorda «un uva che sopporta il calore e cresce con le pioggie autunnali; anzi, è la sola ad essere rinvigorita dalla nebbia», da cui il nome “Nebbiolo”. In particolare, Plinio cita l’uva Spinea o Spionia, denominazione latina del nebbiolo che deriva verosimilmente dal nome della città etrusca di Spina-Spiuna. I Romani, d’altro canto, mettono in relazione tale nome allo spinus, il pruno selvatico, da cui il nome di Spanna in zona. Questo vino è citato inoltre da Virgilio e Strabone, così come da Columella, scrittore romano del I secolo d.C. che nel De Re Rustica, il più completo trattato sull’agricoltura dell’antichità, definiva il Nebbiolo come «grappoli di uva nera che danno vino da località fredde», riferendosi probabilmente alle attuali zone di produzione e ai loro climi piuttosto rigidi.

Diatreta Trivulzio
Simbolo più famoso dell’Età antica è la celebre “Diatreta Trivulzio”, una spettacolare coppa vitrea del IV secolo d.C., rinvenuta nel Seicento, che reca la scritta “Bibe vivas multis annis” (Bevi, vivrai molti anni).